La valle felice
Traduzione e prefazione di Tina D’Agostini
Con una biografia dell’autrice di Charles Linsmayer
La Persia, “dove la tristezza prospera come i melograni”, non è, per Annemarie Schwarzenbach, solo un paese straniero ed esotico, è lo scenario di tutte le dissonanze possibili: cromatiche, psicologiche, storiche, spaziali.
Un’alta valle vicino a Teheran, nella quale Annemarie Schwarzenbach si era recata, insieme all’uomo che aveva appena sposato, il diplomatico francese Claude Clarac – matrimonio alquanto particolare, date le tendenze omosessuali di entrambi -, diventa il fulcro della narrazione di La valle felice.
Ma di felicità non vi è traccia in questo testo. La valle fa da sfondo ad un io profondamente infelice, devastato, malato di nostalgia, che si lascia andare al “rapido sollievo” della droga, chiamata anche “la mano che scende dalle nuvole”, e che cerca un breve momento di felicità con Jalé, una giovane turca. Un Io che ha perso ogni punto d’appoggio e che vede intorno a sé solo un paesaggio nudo, impietoso, troppo vasto. Un io frammentato che cerca disperatamente di ricomporsi, così come cerca di ricomporre il mondo intero che sta franando. E’ anche, in definitiva, un io profondamente ambiguo, definito al maschile ma che ha ben pochi tratti virili; si tratta anzi di una virilità dalle cui crepe emerge costantemente il carattere femminile della voce narrante.
In questo volume è pubblicata anche una biografia dell’autrice scritta da Charles Linsmayer, il curatore della riedizione svizzera di La valle felice (versione definitiva, approvata dall’autrice, di Morte in Persia) che, col suo successo, ha fatto di Annemarie Schwarzenbach un’autrice di culto in Svizzera, Germania, Francia.
Informazioni aggiuntive
- anno: 1998
- numero collana: 5
- pagine: 180 + ill.
- ISBN: 978-88-86780-22-3
- acquista: Fuori commercio
Annemarie Schwarzenbach
Annemarie Schwarzenbach nacque il 23 maggio 1908 a Zurigo. Terzogenita trascorse i primi anni della sua vita con i fratelli maggiori Suzanne e Robert, nel 1911 nacque il fratello Alfred Friedrich e nel 1913 nacque Hans, il fratello minore. Per sette anni fu seguita da un’istrutrice privata dopo un grave attacco di scarlattina e anche in seguito godette dell’istruzione delle migliori scuole private, laureandosi nel 1931. La madre, Renée Schwarzenbach, aveva un rapporto molto intenso con Annemarie che era la figlia preferita. Abituata a vivere le sue relazioni amorose con altre donne, attraverso il tacito accordo del marito, fu proprio Renée ad indirizzare Annemarie all’amore saffico con i suoi atteggiamenti. Renée fu una madre apprensiva ed opprimente, una donna che cercò di comandare le vite dei figli e che creò con Annemarie un rapporto di esclusività che nuocerà alla formazione psichica della giovane figlia. Annemarie venne fortemente influenzata da questa situazione nel corso della propria vita e, spesso, furono proprio i disaccordi con la madre a darle i dolori più intensi. Sin da giovane Annemarie mise in evidenza il suo spirito ribelle e avventuroso andando controcorrente nell’immaginario femminile del tempo e suscitando in tutti ammirazione e curiosità. Sin dalle prime lettere notiamo il rimpianto per non essere nata maschio, tendenza che la porta ad accentuare la sua androginia. I suoi scritti, sino al 1933, non sono altro che una continua analisi dei problemi dell’amore omosessuale. Per evitare gli scandali legati alle indiscrezioni sugli amori saffici, Annemarie si crea un alter ego maschile che utilizzerà in molti dei suoi scritti. A ventidue anni entrò a far parte del gruppo che ruotava intorno ad Erika e Klaus Mann. La scrittura fu per Annemarie dapprima una specie di terapia, un mezzo per porre un freno alle sue angosce e per dominare le sue crisi. Ben presto però si rese conto che era proprio la tristezza a darle la possibilità di scrivere, a renderla in qualche modo feconda. Certo il mestiere della scrittrice non fu un impegno facile per Annemarie che, anzi, sentì la fatica dello scrivere e la frustrazione del non riuscire. Tormento che ritornerà spesso nelle sue lettere e nei suoi scritti. Più volte Annemarie chiese ad Erika e Klaus Mann consigli e correzioni per i propri scritti. Furono proprio i due fratelli a comparire, nascosti da pseudonimi, in maniera lusinghiera nel primo libro di Annemarie: Freunde um Bernhard. La giovane autrice cercò invano di far rappresentare una sua pièce teatrale Geschwister [Fratelli] e, successivamente, la pièce storica Cromwell che avrebbe dovuto interpretare Erika Mann. I progetti però non trovarono interesse così come la successiva opera letteraria, frutto del primo viaggio in oriente, il ciclo di novelle Der falkenkafig [La gabbia del falcone]. Nell’opera La valle felice (tradotto in Italia e pubblicato con le Edizioni Tufani nel 1998) Annemarie parlò più apertamente di Jalle, figlia di un diplomatico turco, con la quale visse un’intensa storia d’amore. Negli stati baltici, in Scandinavia e in Russia con l’amica Barbara Hamilton-Wright, si dedicò alla raccolta del materiale relativo alla vita dell’alpinista svizzero Lorenz Saladin, morto poco tempo prima in maniera tragica e ne scrisse la biografia: Lorenz Saladin, ein leben fur die berge [Lorenz Saladin una vita per la montagna]. Con i Mann si impegnò nell’ “Emergency Rescue Committee” per salvare gli oppositori di Hitler e partecipò ai lavori preliminari per la fondazione della rivista di Klaus «Decision».. Il caso rimase avverso ad Annemarie Schwarzenbach lungo tutto il breve percorso della sua vita. Morì il 15 novembre 1942 a Sils in quella solitudine che l’aveva accompagnata per tutta la vita e che aveva alimentato la sua disperazione e il suo male di vivere.